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Un Mahler come mai sentito. Una Terza Sinfonia, quella che ci ha fatto ascoltare Ivan Fischer con la Budapest Festival Orchestra, assolutamente insolita e, proprio per questo, autentica e vera.

La difficoltà di Malher (nell’esecuzione e nell’ascolto) è non tanto – o non solo – nella scrittura orchestrale debordante, ma nel suo vagare in lande che mischiano ingenuità a raffinatezza, semplicità a complessità. Molti direttori hanno indagato questi territori cercando coerenza, congruenza, continuità. Non così Fischer, che invece si nutre della bellezza di questa ingenuità, nei temi bandistici come in quelli “alpestri”, nelle melodie come nelle dissonanze.

Sin dall’inizio della sinfonia questo approccio sconvolge, talvolta irrita, sempre interroga. Eravamo sicuri di conoscere bene questo brano. L’avevamo ascoltato in ogni modo, in ogni forma. Il Mahler di Fischer è spudorato, senza vergogna. Indulge nello scherzare o nel commuoversi. Nel commuoverci. Senza compiacersi e senza compiacerci. Il primo movimento è una dichiarazione. Questo sono io. Prendere o lasciare. Ed è da lì che si parte in questo viaggio, in questa scoperta, insieme, nota dopo nota.

Così diversa dall’interpretazione pura e quasi elegiaca sentita lo scorso anno da Jansons, è questo essere così umana, terra e cielo, gioia e dolore insieme, che ci fa appassionare a un’interpretazione così anticonformista. È un Mahler visto con lo stupore degli occhi di un bambino che si affaccia all’universo mondo. Nella confusione di temi del primo movimento, nelle melodie lunghe del secondo e ancor più nella bellezza del canto del corno di postiglione. E quando mai avevamo sentito un “Oh mensch gib acht” così caldo e affettuoso (complice la voce sinuosa e rotonda di Gerhild Romberger) o un ultimo movimento così fantasioso.

L’Orchestra è sorprendente per suono (nel calore degli archi e negli squilli degli ottoni) e per compattezza. Allo stesso tempo, si ha la sensazione di avere davanti o la voce del Direttore che non ha bisogno di strumenti oltre a sé, o un piccolo complesso da camera così affiatato da non aver bisogno di guida. La creatura di Fischer ama Milano e Milano ricambia con dodici trionfali minuti di applausi.