Wiener-Philarmoniker-Festival-delle-Orchestre-Internazionali

È successo qualcosa di importante. Non perché ci fosse una delle orchestre più blasonate del mondo, non perché sul podio ci fosse una delle figure più interessanti del panorama direttoriale, ma perché quella sera al Piermarini è venuta a trovarci la “Musica”.

È quanto ci è accaduto in una notte di inizio estate, complici Gustav Malher, Mariss Jansons e i Wiener Philarmoniker. Mi era successo una sola volta, molti anni fa con Celibidache, direttore peraltro diversissimo dal musicista lettone.
Se molti direttori si connotano per letture ora cervellotiche, ora enfatiche ora rigorose, Jansons sembra scegliere una via altra. Jansons è un direttore che non si impone, non impone, non seduce ma lavora per eliminare la barriera fisica tra palcoscenico e platea – sancita e sottolineata dall’unica figura, quella proprio del direttore, autorizzata a stare in piedi. Colui che non è lì per ascoltare, non è lì per suonar,e ma ascolta e suona come gli altri e più degli altri.

Se la Terza di Malher è la sinfonia dedicata al Dio Pan, in questa occasione, abbiamo avuto la grazia di essere stati tutti travolti dall’estasi panica. Un flusso ininterrotto di note di una bellezza inaudita che sembravano generarsi una dopo l’altra per germinazione spontanea a costruire architetture, a costruire emozioni.

La superba magnificenza del suono dei Wiener – ospiti del Festival delle Orchestre Internazionali per Expo 2015 – è esaltata dalla lettura del direttore. L’orchestra non ha più sezioni perché tutte insieme contribuiscono a un suono solo. I fiati si spengono negli archi che, a loro volta, fioriscono nei legni punteggiati dalle percussioni. È la delicatezza dei timpani che sorprende sin dall’inizio, i violini e i violoncelli che toccano l’inudibile, lo squillo nitido e pur malinconico delle fanfare. Due momenti su tutti: Il terzo movimento con un a solo del “corno del postiglione” dal quale è impossibile difendersi e l’attacco del quarto in cui la voce di Bernarda Fink, straordinaria interprete, sembra nascere dai violini. La voce umana si confonde, nel pianissimo del O Mensch, con quella degli strumenti in un Uno che è suono, che è musica.

La sala è attonita e – a parte un applauso liberatorio soffocato alla fine del primo movimento, per altro giustificabile per la tensione parossistica raggiunta – il silenzio tra un episodio e l’altro è denso, palpabile, tangibile. Il fiato è trattenuto, i colpi di tosse bestemmia al cielo.

Esecutori:

Mariss Jansons
direttore

Bernarda Fink
mezzosoprano

Johannes Prinz
Maestro del Coro

Bruno Casoni
Maestro del Coro di Voci Bianche

Programma:

Gustav Mahler
Sinfonia n. 3 in re min.