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Uno dei compositori più visionari della sua generazione, che ha lasciato tracce profonde nell’esperienza musicale contemporanea.

Fausto Romitelli è stato un luminare dell’avanguardia (non solo) colta italiana. A dieci anni dalla sua scomparsa, Milano Musica gli dedica la 23esima edizione del suo festival, con un programma che ne mette in risalto la visione ampia e mai convenzionale che il goriziano aveva della musica, in tutte le sue forme.

Dopo avevervi dato qui uno squarcio complessivo sul festival – attraverso le parole di qualcuno a cui Romitelli ha cambiato la vita, la musicista e sperimentatrice sonica Alessandra Novaga – vi raccontantiamo qualcosa di più su Fausto Romitelli e sul suo essere compositore estremamente vicino alla contemporaneità. Così tanto, da poterlo amare anche se vivete di clubbing e non siete fatti per la “musica classica”.

Due punti di vista diversi: uno alla Zero, informale, acuto e di pancia, scritto da una penna storica della notte di Zero, Raffaele Paria; uno più colto, attraverso le parole della direttrice del Festival di Milano Musica, Cecilia Balestra, che ci ha spiegato il perché di questa scelta.

Buona lettura. E scoperta.

FAUSTO ROMITELLI: VISTO DA ZERO

La classica contemporanea, dal vivo, tende a sfinirmi. Mi tormento le mani, sfoglio a più riprese il libretto, scruto intorno, gli occhi lontani dal palco. Qualche anno fa a teatro, invece, penso di non essermi mosso dalla sedia: non conoscevo Romitelli ma l’esecuzione di “An Index of Metals” mi ha affascinato quanto turbato. L’incipit spettrale (“Shine On You Crazy Diamond”), a mo’ di generatore di corrente in avviamento, l’attacco violento degli archi, il sovrapporsi delle interferenze, la massa del suono che gravita e poi s’affloscia. Tengo gli occhi ben aperti sull’orchestra e i visual sullo sfondo.

Attacca il soprano, e avanza con cadenze tonali di pianoforte, in una “Hellucination” di parole scomposte quanto incantevoli (“She suddenly fell in a metal-miso hell”..). Le distorsioni elettroniche, l’incubo dei violini, il sottostrato glitch, l’insieme rigoroso di suono anti-logica: raramente ho goduto di una intensità simile dal vivo. Poi il crescendo: l’eco della chitarra, il flanger, l’irrazionalità drone, il cantato che scompare e poi sbuca sornione tra un’onda ambient e l’altra. Le sfumature vigorose del suono sono poesia, la proiezione video va e viene e poi occupa violenta l’intero spettro. La chiusa è inattesa, brusca. Il buio, e un silenzio difficile prima degli applausi. Convinto e fragoroso il mio.

Torno a casa e passo la notte su Youtube a cercare più Romitelli possibile. Da quella sera ho le idee più chiare sull’estetica del suono, sulle sue infinite probabilità. Per me, che non leggo la musica, Romitelli rappresenta una tappa importante di apprendimento. E per un musicista colto ma così “popolare”, penso che non esista lascito più nobile.

Raffaele Paria

FAUSTO ROMITELLI: VISTO DA MILANO MUSICA

Quando nel 2012 abbiamo iniziato a pensare a una grande monografia dedicata a Fausto Romitelli, compositore tra i più visionari della sua generazione, cercavamo una programmazione che muovesse energie. A livello cittadino e internazionale. Per aprire a un pubblico giovane e a nuove possibilità di ascolto. Invitando artisti europei e italiani che ne avevano condiviso il percorso artistico, in tutto il suo slancio, fino al 2004, e che lo considerano un punto di riferimento tuttora vitale.

Con Marco Mazzolini, consulente artistico, siamo convinti che la musica di Romitelli sia espressione di uno spirito autenticamente libero, anticonvenzionale, profondo quanto sottile e ironico. E che possa costituire un’esperienza d’ascolto forte, immersiva, centrata sul corpo e al tempo stesso radicalmente critica rispetto all’omologazione culturale e mediatica.

In un arco dall’Alcatraz al Teatro alla Scala, si incontrano a Milano interpreti storici, come i musicisti dell’Ictus Ensemble, dell’Ensemble intercontemporain, Mika Vainio e Sincronie, insieme a compositori amici e musicologi.

L’opera-video An Index of Metals, il punto più alto della sua ricerca sui rapporti tra musica e immagine, è al centro dell’inaugurazione all’Alcatraz, che si conclude con l’elettronica di Vainio. Finale a novembre al Piccolo Teatro Studio con l’ipnotica ritualità di “Professor Bad Trip”.

Un Festival, con Romitelli, alle “periferie dell’Impero”, in cui il gesto musicale e poetico apre mondi sonori in contatto diretto con il nostro vissuto.

Cecilia Balestra