Aida

Much ado about nothing. Tanto rumore per nulla.

Così avrebbe commentato Verdi, prendendo le parole del suo amato Shakespeare, le polemiche degli ultimi giorni sull’Aida di Stein. Innanzitutto, giusto per ricondurre nel giusto alveo la discussione, di Aida di Verdi si è trattato.

Il merito della regia di Peter Stein è stato di farci concentrare sulla musica. Un’Aida tradizionale nella conduzione musicale, nel canto e persino nella narrazione scenica. Ci verrebbe da dire che se qualcosa da obiettare al regista c’è, è il non essere riuscito a essere radicale nella sua lettura. Non bastano i tagli a qualche ballabile (opinabili) e il suicidio di Amneris (efficace) a renderla un’Aida storica. Scene decisamente brutte (non solo scarne, che non sarebbe un problema, proprio brutte) bilanciate da costumi invece affascinanti (a parte quelli del coro). Da un punto di vista teatrale, l’Amneris impazzita che supplica i sacerdoti, travolta dal loro incedere, dell’inizio del quarto atto è forse il momento più riuscito dello spettacolo.

E Amneris (Anita Rachvelishvili) è la vera protagonista per presenza scenica, per accenti e soprattutto per colore vocale. Velluto, puro velluto. Un’interpretazione potente e al tempo stesso misurata. L’Aida di Kristin Lewis ha un compito ingrato nel cercare i suoi spazi. Eccellente nelle filature ma carente nella dizione, è una Aida corretta ma sempre troppo timorosa anche nell’affrontare la scena. Fabio Sartori è un ottimo Radames. Preciso e puntuale, non manca un appuntamento ma non travolge. Eccellenti il Re di Carlo/Colombara e l’Amonasro/George Gagnize.

Zubin Mehta cerca la sua Aida nei colori, nelle trasparenze così come nelle dinamiche. Un’Aida notevole che rimane impressa per la precisione più che per la narrazione. L’orchestra è strepitosa negli attacchi, negli impasti sonori, nelle timbriche. E arriviamo al vero trionfatore: il coro. Da brividi. Siamo davanti al miglior coro del mondo in questo repertorio. Impossibile trovare una pecca, dalla più piccola sfumatura alla pienezza dei fortissimi. Una grande prova del teatro tutto più che dei singoli protagonisti.

Direzione:

Zubin Mehta
direttore

Peter Stein
regia

Ferdinand Woegerbauer

scene

Nanà Cecchi
costumi

Joachim Barth
luci

Massimiliano Volpini
coreografia

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