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Fra le opere che Verdi compose durante i cosiddetti “anni di galera”, Attila è una delle più intriganti: per il soggetto barbarico, per le arditezze vocali, per alcune pagine di musica magnifica, per le potenzialità sceniche (non sempre riconosciute).

L’allestimento proposto al Comunale di Modena – quinto titolo di una variegata stagione d’opera – fu concepito nel 2013 per il Teatro Verdi di Trieste. «Tecnologia nella tradizione» è il verbo professato dal regista Enrico Stinchelli. Sul palcoscenico convivono videoproiezioni tridimensionali che strizzano l’occhio a brumose serie televisive fantasy, costumi e scenografie fedeli all’ambientazione tardo-antica, gestualità attoriali ultraconvenzionali, mimi che non la smettono di far frullare le braccia. Il dramma scorre liscio liscio, senza ambiguità o fraintendimenti, ma l’amalgama non è molto equilibrato, e ne esce un piatto dal gusto un po’ insipido, di sicuro troppo casereccio.

Barba nera, capelli incolti, petto villoso e pelliccia bigia: Carlo Colombara sembra Diego Abatantuono nella trashissima pellicola del 1982 Attila flagello di Dio. La sua interpretazione, nondimeno, è superlativa. Con gesto dosato e voce brunita, il celebre basso non si limita a scolpire un Attila nobile e assorto, ma entra nei meandri del personaggio per svelarne le sfumature più recondite (la screziatura ironica con la quale si rivolge ai rivali poco prima di essere trucidato è un tocco da maestro). Vladimir Stoyanov mette a frutto la lunga militanza nel teatro verdiano: il suo Ezio si contraddistingue per la voce netta e centrata, il fraseggio pulito e la presenza scenica autorevole. Nei panni di Foresto, il tenore spagnolo Sergio Escobar predilige le pagine di distesa liricità, che gli permettono di squadernare un timbro caldo e omogeneo. A completare il quartetto di prime parti è il giovane soprano russo Svetlana Kasyan, che non possiede ancora spalle sufficientemente larghe per reggere il peso di un ruolo impegnativo come quello di Odabella: la voce è voluminosa ma scema nel registro grave, il fraseggio è scarsamente espressivo, la quadratura ritmica, specie nelle sezioni cantabili, è a tratti zoppicante. Roberto Carli e John Paul Huckle si destreggiano bene nelle parti di Uldino e di Leone.

Il Coro del Comunale è preciso e compatto, e l’Orchestra dell’Opera Italiana si allinea alla lettura un po’ convenzionale ma nerboruta di Aldo Sisillo. Di tanto in tanto il direttore napoletano ha il suo bel daffare per scongiurare sfilacciamenti fra la buca e il palcoscenico, ma non rinuncia comunque a lavorare di cesello quando la partitura lo richiede (ad esempio nel bellissimo Preludio).

Alla calata del sipario il pubblico, non numerosissimo – ma è l’ultima replica, per giunta fuori abbonamento – riserva applausi generosi a tutti gli artefici dello spettacolo.

Personaggi e interpreti

Attila, re degli Unni
Carlo Colombara
Ezio, generale romano
Vladimir Stoyanov
Odabella, figlia del signore di Aquileja
Svetlana Kasyan
Foresto, cavaliere aquilejese
Sergio Escobar
Uldino, giovane bretone, schiavo d’Attila
Roberto Carli
Leone, vecchio romano
John Paul Huckle

Direttore
Aldo Sisillo
Regia e luci
Enrico Stinchelli
Scene e costumi
Pier Paolo Bisleri

Maestro del coro
Stefano Colò

Orchestra dell’Opera Italiana
Coro della Fondazione Teatro Comunale di Modena