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Di fronte a certe manifestazioni di teutonica efficienza, il paragone automobilistico sarà scontato, ma regge.

Perché un crescendo dei Berliner Philharmoniker è esattissimo, fiammeggiante, impressionante come l’accelerazione di un’auto d’alta cilindrata. Insomma, i fuoriclasse tedeschi calano in Italia per un concerto all’aperto nel cuore della verdianissima Parma, nell’ambito di Parma Estate a cura del Teatro Regio, e squadernano un programma tutto boemo, che accosta lo Smetana arcicelebre della Moldava allo Dvořák della Serenata per archi e della Sesta sinfonia. Tracciato perfetto su cui far rombare il motore orchestrale, che (ascoltare dal vivo per credere) è davvero fra i più performanti del Pianeta.

Ma perché ogni ingranaggio della superba macchina giri a dovere, serve il pilota giusto. Ed ecco l’uomo del Nuovo Mondo: Yannick Nézet-Séguin , il direttore quarantunenne senza un briciolo di spocchia, formale ma brillante, musicista onnivoro che ha diretto e dirige orchestra di altissimo livello (Rotterdam, Philadelphia, la Chamber Orchestra of Europe, prestissimo il Met dove sarà successore di Jimmy Levine) abituato a valorizzarne il suono senza cambiarne minimamente i connotati. E si sente che il Canadese legge le partiture mettendo in primo piano la straordinaria pasta sonora dei Berliner.

È dalla fascinazione per il loro timbro che deduce la scelta dei tempi: per far gustare il bel suono d’ogni sezione ci vuole energia, ma frenesia giammai. La Moldava brilla di flauti che fanno venire i lucciconi, gli archi sono compatti e filanti sia all’occhio che all’orecchio. La Serenata di Dvořák si fa vaporosa più che scandita dai ritmi di danza, animata nei movimenti lenti da un fraseggio di arcate lunghissime eppure mai turgido o sdolcinato. E nella Sesta sinfonia, suoni strepitosi di prime parti nei legni rivestono di lucida patina sia gli slanci di accademismo brahmsiano che gli accessi di folklore ceco. Accaldata, la platea parmigiana reagisce entusiasta come il pubblico della berlinese Waldbühne (certo, l’amplificazione sarà meno felice, ma dopo qualche minuto ci si fa la tara egregiamente).

Bis finale con una Furiant scelta fra le Danze slave op. 46 , sempre di Dvořák, ultima impennata per sentire a regime tutti gli ingranaggi dei Berliner. C’è chi li accusa di perfezione quasi digitale: ma in mezzo a tanto virtuosismo formale, i Filarmonici celano anima ed entusiasmo senza pari.

Programma:

Bedřich Smetana
La Moldava, poema sinfonico da La mia patria

Antonin Dvořák
Serenata per archi in mi maggiore Op. 22
Sinfonia n. 6 in re maggiore Op. 60

Esecutori:
Berliner Philharmoniker
Yannick Nézet-Séguin
, direttore