Don-Giovanni

Il Don Giovanni di Carsen che inaugurò la stagione 2011/2012 torna con bellezza intatta sul palcoscenico del Piermarini.

Nel palco di proscenio stasera non c’è Pereira. C’è un elegante signore che alle prime note dell’ouverture balza con scatto felino sul proscenio. È Don Giovanni. Si accendono le luci in sala. Il Dissoluto punito (in questa lettura registica, come si vedrà nella scena finale, impunito) si dirige verso il centro. Con mano sicura afferra il sipario e lo tira giù per scoprire un gigantesco specchio, grande quanto tutto il boccascena, che riflette tutta la sala. Che riflette noi. Uno dei colpi di scena più belli e significativi che mi sia capitato di vedere in più di trent’anni da spettatore.

La regia di Carsen è sottile e stupefacente al tempo stesso, praticamente in tutti i momenti delle tre ore di spettacolo. L’inizio, il trio delle maschere in sala, la statua del Commendatore dal palco reale sono i più indicativi di questa messinscena dalla forza teatrale e narrativa straordinaria.

Da un punto di vista musicale è una serata ricca di eccellenze e qualche affaticamento. La direzione di Paavo Järvi conduce la nave in porto con mano sicura, ma non riesce a emozionare. Colori e trasparenze bellissimi. Veloce, nitida, sensibile e super precisa la lettura del direttore estone predilige la cura dell’orchestra a quella delle voci e congela la partitura in un’efficienza che talvolta va a scapito della profondità e della commozione. L’orchestra è in stato di grazia, ma viene quasi da desiderare qualche imprecisione.

È un Don Giovanni al femminile per qualità vocale e interpretativa. Hanna Elisabeth Müller è una Donna Anna superba: bellissima voce per timbro, volume, agilità. Altrettanto impressionante è la Donna Elvira di Anett Fritsch. Luca Pisaroni ha una voce magnifica e un’impostazione vocale impeccabile, ma uno stile non sempre raffinato. L’aria del catalogo è da manuale, il secondo atto un po’ sopra le righe. Thomas Hampson è un grande attore, perfettamente a suo agio con la regia, ma la sua vocalità è faticosa e in difficoltà nei passaggi che richiedono una solida emissione o una veloce sillabazione (l’aria del vino è un momento opaco della sua performance ). Il Don Ottavio di Bernard Richter è debole, Masetto e Zerlina fanno egregiamente il proprio mestiere.

Un Don Giovanni popolato da bellissimi e bellissime, con punte di qualità e una dizione spesso trascurata. Una sala piena in ogni ordine (non si intravede una sola poltrona vuota), che ha tributato alla fine un caloroso successo.