elettra

E se scoprissimo che Elettra non è una tragedia ma un dramma familiare borghese?

E se Agamennone non fosse stato ucciso, ma fosse semplicemente morto e Clitemnestra si fosse regolarmente risposata? E se il conflitto tra Elettra e Clitemnestra fosse in verità un conflitto tra una madre algida e altera e una figlia ai limiti della nevrastenia – magari segretamente (neanche poi tanto) innamorata del padre? E se alla fine Clitemnestra fosse la vera vittima?

Elettra ha messo fine alla propria vita il giorno in cui Agamennone è morto e lei vive ormai non “sulla” tomba ma “nella” tomba del padre. Sorge dalla terra emergendo dal sepolcro e invocando Agamennone, ma nella sua invocazione non c’è rabbia o desiderio di vendetta. Piuttosto, nostalgia e rimpianto. Elettra striscia verso Clitemnestra ora come una pantera, ora come un gatto. Tenta di avvinghiare la madre dai piedi in una stretta mortale, ma quando la mano della madre inizia a sfiorarle i capelli la morsa si scioglie in un abbraccio che Elettra interromperà subito dopo – con disprezzo o forse con vergogna di un sentimento che la sua psiche rifiuta. Da lì in poi è precipizio. La conversazione tra le due avviene schiena contro schiena e la distanza diventa incolmabile. I gesti di Clitemnestra sempre più determinati e stizziti.

Crisotemide è la razionalità, colei che dall’esterno intravede la disgrazia imminente e cerca di ricomporre il rapporto. Gli uomini sono marionette di questo gioco al massacro. E massacro sarà, fino alla scena finale in cui Elettra precipita nella sua follia prima in una danza non ebbra ma psicotica e poi nella fissità non nella morte.

Che ci si stesse trovando davanti a un’Elettra come non si era mai vista ce ne siamo resi conto sin dalla prima scena, sin dalle prime note. Uno spettacolo esemplare, in cui non prevale né l’orchestra, né le voci, né la scena: tutto è irrevocabilmente un unico compatto.

Esa-Pekka Salonen dà una lettura della partitura assolutamente fuori dalla tradizione ed è praticamente impossibile trovare riferimenti a altre edizioni o direttori: lontana dalla tradizione monolitica tedesca e da quella analitica italiana, trasparente, cristallina, mutevole, cangiante nei colori e nei tempi. Il Direttore ci illustra la storia di Elettra in uno scorrere di note, a volte quasi sfiorate più che sottolineate, in un intreccio di situazioni sonore funzionali a guidarci attraverso la vicenda. Salonen non ha alcun interesse a impressionarci con l’analisi della partitura o a stupirci con effetti speciali. Salonen racconta.

L’equilibrio tra suono strumentale e voci è sempre perfetto, le voci sempre a fuoco. Più volte, durante la serata, mi sono chiesto se una lettura registica così complessa avrebbe potuto reggere una direzione diversa. Francamente dubito. Direttore e Regista hanno costruito insieme uno spettacolo rivoluzionario che difficilmente reggerebbe una lettura musicale differente.

Evelyn Herlitzius è un’Elettra meravigliosa, tanto nel canto che nella recitazione. Waltraud Meier impressiona per la capacità di dare senso a ogni parola, a ogni nota, a ogni gesto. Adrianne Pieczonka riesce a dare al personaggio di Clitemnestra una forte dignità. Renè Pape e Tom Randle un Oreste e un Egisto dalla grande presenza scenica.

In un cameo, infine, Donald McIntyre – grandissimo Wotan del Ring del Centenario Boulez/Chereau – ci ricorda ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, come il regista francese, purtroppo scomparso, abbia saputo in ogni suo spettacolo determinare uno spartiacque tra il prima e il dopo.

Direttore
Esa-Pekka Salonen

Regia
Patrice Chéreau

Cast:

Klytämnestra
Waltraud Meier

Elektra
Evelyn Herlitzius

Chrysothemis
Adrianne Pieczonka

Aegisth
Tom Randle

Orest
René Pape

Der Pfleger des Orest
Franz Mazura

Die Vertraute
Renate Behle

Die Schleppträgerin
Andrea Hill

Ein Junger Diener
Michael Pflumm

Ein Alter Diener
Donald Mcintyre

Die Aufseherin
Renate Behle

Erste Mägd
Bonita Hyman

Zweite Mägd
Andrea Hill

Dritte Mägd
Silvia Hablowetz

Vierte Mägd
Marie-Eve Munger

Funfte Mägd
Roberta Alexander