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Un’opera rara, montata con intelligenza ed eseguita secondo edizione critica: con Jérusalem il Festival Verdi ha fatto centro.

Il Teatro Regio torna ad aprirsi al regista argentino Hugo de Ana, che firma un allestimento tradizionale per concezione e tecnologico per strumentazione. L’attrezzeria scenica è ridotta all’osso, ma grazie a imponenti pareti materiche, allusive proiezioni digitali e costumi curatissimi, l’effetto visivo è tanto sontuoso quanto efficace. Quando il sipario del secondo atto si alza sul polveroso deserto delle montagne di Ramla, la disperazione che pesa sulle spalle dell’eremita Roger diventa per lo spettatore percezione fisica.

Di grand opéra si tratta, e il regista dimostra di sapere benissimo come restituire lo sfarzo scenico che il genere pretende. Lusso ed eleganza contraddistinguono anche le coreografie disegnate da Leda Lojodice per il balletto del terzo atto, ampia oasi contemplativa calata entro un impianto narrativo serrato. Se la messinscena soddisfa le aspettative, l’esecuzione musicale non è da meno. A capo della Filarmonica Toscanini, il direttore Daniele Callegari mette a frutto la propria esperienza del teatro francese per esaltare la ricchezza strumentale dell’opera: la coesione delle sezioni, gli impasti timbrici ben amalgamati e le dinamiche dosate con saggezza sono i pilastri di un’interpretazione matura.

Anche il Coro del Regio fornisce una prova vigorosa, che nella pagina Ô mon Dieu! Ta parole est donc vaine si fa particolarmente cangiante e accorata. La compagnia di solisti dimostra di saper affrontare con sicurezza tanto le ricche fioriture quanto il declamato perentorio che caratterizzano la scrittura vocale utilizzata da Verdi. Annick Massis è un’Hélène superlativa, dotata di colorature e fraseggio cristallini; Ramón Vargas fornisce al ruolo di Gaston canto limpido e agile, anche se a tratti carente di espressione; Michele Pertusi, con il nitore dei suoi gesti vocali e una presenza scenica da togliere il fiato, giganteggia nella parte di Roger.

Mescolati al caloroso pubblico, si contano professionisti del teatro lirico riunitisi al Regio per la conferenza autunnale di Opera Europa, e musicologi richiamati da un seminario sulla musica di Verdi promosso dall’Istituto nazionale di studi verdiani. La famigerata formuletta “fare sistema”, in questo caso, funziona a meraviglia.