toscanini

Un concerto tutto d’un fiato quello proposto dalla Filarmonica Arturo Toscanini all’Auditorium Paganini di Parma, nell’ambito della stagione sinfonica Nuove Atmosfere.

Un’ottantina di minuti filati in compagnia della Quinta sinfonia di Mahler sono forse il modo migliore per prepararsi ad affrontare con un’adeguata scorta di bellezza l’insistente ronzio dei jingle natalizi.

Come non si manca mai di evidenziare, la Quinta segna un punto di svolta nella produzione artistica del suo autore. Creata fra il 1901 e il 1902, fu con essa che Mahler smise di dotare le proprie pagine sinfoniche sia di parti vocali che di un programma letterario. La volontà di affidare il messaggio artistico alla sola dimensione sonora non comportò però l’abbandono di qualsivoglia prospettiva narrativa.
Prendendo in prestito un concetto sviluppato dal filosofo Theodor W. Adorno nella sua fondamentale monografia mahleriana del 1960, la Quinta può essere definita una sinfonia-romanzo. All’interno di una cornice strutturale ancora rigorosa fiorisce un universo musicale eterogeneo, in cui sentieri sonori si aprono improvvisi, si srotolano sinuosi, si intrecciano, si perdono e si ritrovano. Sta dunque all’interprete individuare i possibili spunti narrativi che l’autore non ha voluto dichiarare.

Compito che Stefan Anton Reck ha svolto con bravura e consapevolezza. Il direttore tedesco ha messo a frutto la sua lunga esperienza con il repertorio mahleriano per illustrare tutta la complessità della Quinta. La sua è un’interpretazione dotta ma mai pedante, prudente nell’affrontare le insidie della scrittura contrappuntistica, capace sia di slanci che di delicatezze nelle continue variazioni di tempo e di dinamica, efficace nel plasmare gli arditi impasti timbrici.

Ligia al magistero di Reck, la Filarmonica Toscanini ha fornito una prova attenta e appassionata: precisi e nerboruti gli ottoni e le percussioni, fin dalle prime poderose note della Marcia funebre; elegantissimi gli archi, che nell’Adagietto hanno saputo distillare un suono di commovente morbidezza.

Malgrado i generosi applausi del pubblico che assiepava l’Auditorium, gli esecutori si sono congedati senza concedere alcun bis. Una scelta più che appropriata: conclusa la perfetta parabola retorica della Quinta, l’esecuzione di qualunque altro brano, anche il più breve, sarebbe risultata posticcia.

Foto di Luca Trascinelli