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Il pubblico si accomoda. Le luci si spengono. Il direttore entra e sotto uno scroscio di applausi si dirige verso il pianoforte. Il trillo del diavolo scuote la sala. Sì, è un telefonino.

Barenboim, con prontezza di spirito, lo sfrutta per creare subito un contatto con il pubblico, pur non nascondendo la sua stizza. Da lì in poi, solo magia. Il concerto straordinario in favore della Fondazione Don Gnocchi conclude la stagione della Filarmonica della Scala con una performance eccezionale.

Barenboim è il più grande pianista direttore ma anche il più grande direttore pianista in circolazione. Il “Concerto per piano e orchestra 27 in si bemolle maggiore K 595″ di Mozart è la miglior dimostrazione di questo. Un’esecuzione assolutamente impeccabile, che vede le doti di pianista spiccare sopra quelle di direttore. L’ultimo, pur meraviglioso, concerto di Mozart non è probabilmente il più bello della lunga serie. Barenboim ricerca il senso della partitura nella cura del dettaglio della parte pianistica, esaltandone soprattutto i colori, così come nell’analisi strutturale della parte orchestrale.

Una lettura apollinea classica e molto viennese lontana da leziosità o accenti preromantici, soprattutto nell’Allegro Maestoso d’apertura. Ma è nell’Andante centrale che Barenboim stupisce per la sua maestria al piano: il suo tocco è misuratissimo, la varietà dinamica sorprendente. L’orchestra lo segue splendidamente nella sua compattezza, nel calore degli archi e soprattutto nell’infinita bellezza dei legni.

La partecipazione e l’applauso del pubblico vengono ricompensati con un bis schubertiano che anticipa l’integrale delle sonate che ascolteremo nella prossima stagione. Si tratta del quarto movimento della “Sonata Gasteiner D 850″ (Rondò – Allegro moderato). Gioco, leggerezza, malinconia tutto in poco meno di dieci minuti che trattengono il respiro di tutto il teatro.

E con il secondo tempo del concerto Barenboim ci fa vedere quale straordinario direttore sia e quale fantastico strumento abbia per le mani. Una Filarmonica della Scala assolutamente superba: mai sentito un attacco della “Quinta Sinfonia” di Tchaikovsky così dolente e sussurrato. Un suono denso, fisico, arroventato e avvolgente. Una visione compatta del brano, che ci porta dall’iniziale tema del fato agli squilli della fanfara finale senza soluzione di continuità. Un Tchaikovsky in cui le melodie russe risultano sempre evidenti, ma come riscaldate e amalgamate da un sole mediterraneo. Se i fiati sono impeccabili, sono gli archi a dare vero carattere all’esecuzione.

Un concerto memorabile che dimostra il grande lavoro che Orchestra e Direttore hanno fatto insieme negli ultimi anni. Un concerto che rinnova l’impegno della Filarmonica a favore di iniziative benefiche e a favore della collettività che con la Fondazione Don Gnocchi continua dal 2009.