Requeim-Chailly

Un suono disincarnato che emerge dal nulla. L’attacco degli archi prima, il sussurro del coro subito a seguire. Impalpabili eppure nitidissimi.

Sin dalle prime note si intuisce l’approccio di Riccardo Chailly al Requiem di Verdi. Severo, composto, ascetico e al tempo stesso profondamente umano e terreno.

Le dichiarazioni del Maestro precedenti le ore dell’esecuzione circa la sua contrarietà a fare del Requiem una sorta di punto fisso del cartellone da ripetere ogni anno, hanno trovato piena spiegazione nella sua interpretazione. Il Requiem di Verdi è un momento così alto e personale da trascendere il “mero” fatto musicale. Che questo brano sia un pezzo fondamentale della tradizione scaligera e della vita cittadina è innegabile, ma proprio per questo la Scala e Milano lo devono proteggere ed evitare che possa diventare una sorta di vetrina.
Nessuna orchestra al mondo possiede questa partitura come quella della Scala. Nessun coro sa avvicinarsi a questa perfezione, le sfumature, l’incisività, la qualità della dizione non hanno veramente pari.

È proprio per questo che un simile tesoro deve essere maneggiato con parsimonia. Per preservarne l’eccezionalità. L’esecuzione di Chailly è all’opposto di quelle che, in nome della teatralità verdiana, sono tutte farcite di declamati stentorei e grancassa. È un Requiem più a togliere che ad abbondare. Vive tra le brume e le nebbie milanesi più che tra covoni di paglia e il sole delle campagne. È in questa sua pensosità e discrezione la cifra distintiva di questo Requiem.

La centralità del Dies Irae di molte esecuzioni diventa qui un passaggio logico e musicale necessario. E, infatti, è nel Lacrymosa che si vivono i momenti di commozione più profonda, con quel ritmo lentissimo e trascinato come in una vera marcia funebre o nell’incrocio delle voci dell’Agnus Dei o ancora negli echi quasi bachiani delle fuga del Quam olim Abrahae.

C’è un senso di necessità musicale in ogni passaggio che lascia senza fiato fino al silenzio finale, denso e sospeso. Non c’è bisogno di aggiungere pathos perché è già tutto lì nelle note e ogni sforzo in più servirebbe solo a sporcare. Il quartetto delle voci è omogeneo e impeccabile, ma sono soprattutto Francesco Meli e Daniela Barcellona a lasciare il segno più profondo, con lo scavo nella parola, con le mezze voci e le parola pronunciate a fior di labbra.

Gli oltre dieci minuti di applausi significano poco rispetto alla tensione emotiva del pubblico quasi palpabile.

Programma:

Giuseppe Verdi
Messa da Requiem

Cast:

Riccardo Chailly
direttore
Bruno Casoni
maestro del Coro
Krassimira Stoyanova
soprano
Daniela Barcellona
mezzosoprano
Francesco Meli
tenore
Dmitry Belosselskiy
basso