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Un ritorno al Conservatorio dove ha studiato per Marco Fusi, con una sala quasi piena ad attenderlo e soprattutto all’interno di una rassegna sorprendente come Microstagione, produzione iniziata dal basso che ha raggiunto una continuità invidiabile e che ha saputo diventare un prezioso momento di incontro nel difficile contesto italiano della classica e della contemporanea rivolta e aperta ai più giovani.

Fusi riprende dal costante rapporto tra ricerca, scrittura e tecnica esecutiva, e a dichiararlo c’e tutto il contesto di questo concerto, inserito in tre giorni di masterclass tenuti dal compositore Pierluigi Billone, organizzato dall’Associazione per lo Studio e la Promozione della Musica Contemporanea per inaugurare il progetto SOW, “International Composition Masterclass and Seminar”.

Per la prima parte della serata è proprio il compositore Pierluigi Billone a dividere il palco con il più giovane musicista, intento a seguirlo spartito per spartito, con un’attenzione non casuale al gesto. Marco Fusi esegue il suo “Iti ke mi” per viola sola, con un’interpretazione di intensità rara per una scrittura decisamente labirintica, che porta ai limiti lo strumento stesso, e solo lentamente permette alla musica di trovare un suo spazio. Breve pausa, cambio di strumento, e Fusi passando al violino riprende dal rapporto con la tradizione, recuperando uno dei testi su cui più ha lavorato, i “Sei Capricci per violino” di Salvatore Sciarrino. Attraverso una gamma di suoni che lavora a fondo sui riferimenti paganiniani, riesce così a mettere in scena un ulteriore momento fondamentale, tanto nella storia della composizione contemporanea quanto in quella – decisamente più personale – del lavoro su una tecnica strumentale e una sperimentazione sempre più complessa.

Il pubblico lo segue impeccabile fino al bis, passando senza esitazioni tra registri così eterogenei, e lo applaude quando visibilmente esausto si ferma un attimo sul palco a salutare la sala, lasciando espressioni sospese e meravigliate almeno quanto lui.