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MiTo, Teatro Litta, “Americhe”. Potenzialmente un concerto molto interessante.

E in effetti il richiamo è evidente: alle diciassette di un martedì pomeriggio qualsiasi, a mezz’ora dall’inizio, la sala del teatro è già sold out e parecchio è il pubblico rimasto fuori, nella speranza di trovare un biglietto dell’ultimo momento. Il Novus String Quartet propone quattro panorami americani, che spaziano dal nord al sud del continente.

Come spiega giustamente Gaia Varon nel breve preambolo che introduce il concerto, difficile è distinguere tra musica dell’America del Nord, del Sud, bianca o nera, perché le contaminazioni sono tantissime, insite nel genere musicale in generale e in particolare in quello d’oltreoceano. Nel mix però si riconosce subito il piglio di Gershwin, che attinge da qualsiasi genere ma riesce sempre a trovare la sua cifra. O quello di Villa-Lobos, con le sue melodie dal malinconico all’ammiccante, che tanto ricordano le donne del sud (America). O ancora riconoscibilissmo è Dvoràk, col suo quartetto n 12 in fa maggiore “Americano”, nel quale il compositore attinge a una mescolanza incredibile di culture europee, quella boema in primis. Infine è una prima esecuzione italiana il quarto brano del programma (terzo in ordine di esecuzione), scritto da Virginia Guastella e improntato al sogno americano.

I musicisti del Novus String Quartet vengono presentati sul programma di sala come uno degli ensemble più rinomati e importanti della Corea. Hanno vinto il secondo premio al Concorso Internazionale di Musica da Camera ARD di Monaco, suonano nelle principali sale da concerto europee, e in effetti il quartetto Americano di Dvorak è molto bello. Per suono, per intesa, per piglio. Gli strumenti si muovono con piglio leggero, sembrano quasi danzare. Il violoncello nel secondo (?) movimento ha un suono caldo, equilibrato nell’intensità e nel colore. Emerge dal gruppo come fosse un cigno, in maniera nobile ed elegante, senza sgomitare.

L’intesa c’è anche nel brano di Virginia Guastella, che purtroppo però non brilla per innovazione e particolarità. Noioso e piuttosto prevedibile, ricorda più uno studio in preparazione di un esame che un brano da suonare in sala da concerto. Ma de gustibus.
Nei primi due brani invece, Lullaby di Gershwin e Quarteto popular di Villa Lobos, il gruppo si perde un po’. O meglio: suonano bene, sicuramente si riconosce sapienza, conoscenza, tecnica, ma l’impressione è che tutti e quattro siano più attenti a seguire rigidamente quanto scritto in partitura, senza commettere errori, che a suonare e divertirsi. Ecco quindi che il suono risulta debole o meglio, poco coraggioso. In Lullaby l’intesa sembra vacillare – e a volte anche l’intonazione. Quarteto popular è un brano che contiene tutto: leggerezza, brio, allegria, ironia. È un brano nel quale ci sono i colori, la vivacità, il caldo, la malinconia dell’America del Sud, in particolare del Brasile. Dovrebbe strizzare l’occhio al pubblico, ammiccare. Dovrebbe ricordare Vadinho e Dona Flor, protagonisti dello splendido romanzo di Jorge Amado. E invece tutto questo si perde un po’ nella rigidità dell’esecuzione. Peccato.

In conclusione, però, il gruppo ha proposto un bis dalla melodia meravigliosa: Arirang, brano della tradizione della Corea del Nord. Dolce, melodioso, ricco di pathos, esso ha inondato la sala lasciando il numeroso pubblico presente ricco e soddisfatto.

PROGRAMMA:

George Gershwin
Lullaby per quartetto d’archi

Heitor Villa-Lobos
Quartetto n. 5

Virginia Guastella
Anatomy of an American dream
Commissione di
MITO SettembreMusica
PRIMA ESECUZIONE ASSOLUTA

Antonín Dvořák
Quartetto in fa maggiore op. 96 “Americano”

ESECUTORI:

Novus Quartet
Jaeyoung Kim,
Young-Uk Kim, violini
Seungwon Lee, viola
Woongwhee Moon, violoncello

Foto di Jin-Ho Parksito