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Gergiev e l’Orchestra del Mariinskij al Conservatorio per MiTo SettembreMusica, mentre Trifonov suona Čajkovskij alla Scala con la London Philarmonic Orchestra: fin troppo per un lunedì di inizio settembre.

O almeno troppo per il pubblico milanese, diviso tra due programmi interamente russi a poche centinaia di metri tra loro, e che non è riuscito a riempire la Sala Verdi come l’ensemble avrebbe meritato.

Prevista da Valerij Gergiev un’intensa serata dedicata a Prokof’ev: Seconda Sinfonia, Sinfonia concertante per violoncello e orchestra e una Suite da Romeo e Giulietta. Il programma, inizialmente montato al contrario, si è poi svolto secondo l’ordine qui riportato, con la sinfonia in apertura e il concerto per violoncello subito dopo l’intervallo. Così che il pubblico era comprensibilmente provato quando in ultimo Gergiev ha attaccato l’Allegro pesante dei Montecchi e Capuleti.

Ma in fondo la fatica è intrinseca all’erculeo stile del compositore russo, virilmente tratteggiato da Gergiev con l’incalzante procedere del suo gesto, in una destrutturazione del suono che sfocia in marce ritmiche, in passi che poi si dissolvono lasciando grosse impronte sonore – massiccia la potenza sonora dell’Orchestra Mariinskij. Eppure la violenza pervasiva della partitura si alterna anche a passaggi tenui, per esempio dei legni. Un flauto, un oboe solitario d’un tratto accenna una frase dolcissima sopra questo rude terreno. E poi il disegno si interrompe, viene lasciato a metà, in sospeso: manca una risoluzione così come manca il terzo movimento della Seconda Sinfonia, forse perché il contratto sinfonismo di Prokof’ev non vuole ricomporre quella battaglia esibita tra ritmo e melodia.

Alexander Ramm, secondo posto all’ultimo Concorso Čajkovskij, è il giovane violoncellista della Sinfonia concertante, molto espressivo nelle atmosfere dell’Andante iniziale e all’altezza delle agilità degli ultimi due movimenti.

Appropriata come bis la Sinfonia della Forza del destino, opera che Verdi scrisse proprio per il Mariinskij di Pietroburgo, e che nella muscolare concretezza del tema principale richiama un gusto opportuno al programma. Anche se certamente i cantabili verdiani non si potrebbero mai definire incompiuti.