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Stampe indù, piedi scalzi e intenso profumo di incenso.

Così si presenta lo Spazio Sirin in questa serata completamente dedicata all’India e all’eccellente Partho Sarothy, musicista di livello internazionale nonché allievo del grande maestro di sitar Ravi Shankar. In quest’occasione abbiamo potuto conoscere il sarod, un cordofono a pizzico, molto simile al più conosciuto sitar ma utilizzato in particolare nel nord dell’India. Questo strumento offre una duplice possibilità: da una parte melodica, tramite l’esecuzione dei raga, le tradizionali scale indiane; dall’altra parte una funzione armonica, molto spesso costituita da arpeggi, oppure ottenuta pizzicando le corde di bordone.

Per interiorizzare meglio la sonorità dello strumento, in un primo momento la performance è costituita esclusivamente di Sarod solo, successivamente accompagnato da Stefano Grazia alla tabla, altro strumento della tradizione indiana, questa volta un membranofono a tensione variabile.

La commistione di elementi orientali con un musicista occidentale ha prodotto degli interessanti sviluppi: nei momenti solistici, la musica suonata da Sarothy è risultata più libera e complessa, in particolare a livello ritmico; la successiva presenza della tabla ha influenzato molto questo elemento, pur non ostacolando l’improvvisazione.

La performance si è basata sull’esecuzione di due diversi raga, la quale è ulteriormente risultata suddivisa in due momenti: il primo, più lento e scandito, è la presentazione della scala; il secondo, più concitato, virtuosistico e ritmicamente irregolare è l’improvvisazione sulla scala.

Per la maggior parte di noi occidentali questa musica risulta un mistero: uno di quei misteri che non spaventano, ma affascinano e lasciano con la bocca aperta.