Quartetto-Di-Cremona

Un’esecuzione fresca e pulita e soprattutto energica.

Così il Quartetto Cremona ha dato avvio al percorso dedicato ai Quartetti di Mozart, percorso che li vedrà impegnati nell’esecuzione integrale di tutte e ventitré le composizioni in questa stagione 2015/16 della Società del Quartetto.

La serata ha preso avvio con l’esecuzione del concerto cosiddetto “di Lodi”, in cui un Mozart tredicenne, in viaggio verso Bologna, nel 1770, prova a cimentarsi col genere. A seguire la prima raccolta organica di quartetti, detti “milanesi”, – nati nel periodo dei viaggi a Milano – nei quali inizia a emergere il genio e la cifra mozartiana: il compositore inizia a prestare sempre più attenzione all’utilizzo dei diversi colori, ampliando la tavolozza espressiva sia con l’introduzione di movimenti in minore che con il riferimento a uno stile lacrimevole, patetico, molto in voga in quegli anni nella musica italiana strumentale. Siamo comunque di fronte a lavori ancora giovanili e sicuramente la serata facilmente coinvolge un pubblico di intenditori tanto quanto rischia di annoiare un pubblico un poco meno esperto.

Vero è che questa maratona permette di toccare davvero con mano ogni piccolo cambiamento del percorso mozartiano, in cui la produzione di quartetti è sempre presente e in continua crescita (se si vuole sviluppare l’argomento, a corredo di questo percorso la Società del Quartetto ha proposto a Sandro Cappelletto di scrivere un libro, pubblicato da ilSaggiatore dal titolo I quartetti per archi di Mozart).

Già tra l’ascolto del K80 e del K160 – il primo e l’ultimo dei brani proposti presso la Sala Verdi del Conservatorio di Milano – si percepisce davvero un abisso di suoni, di colori, di consapevolezza nel maneggiare la materia del compositore viennese.

Il Quartetto Cremona si mostra assolutamente a proprio agio con la materia e propone un’esecuzione pulita, a volte un poco dura, ma che ben riesce a trasmettere anche l’acerbità di questi primi lavori: non c’è vibrato, anche se i movimenti lenti sono eseguiti in maniera molto intensa e sentita, ma c’è particolare attenzione alle possibilità timbriche ed espressive di questi testi. E soprattutto c’è molta unione e sintonia, c’è un continuo confronto che si risolve in una omogeneità strabiliante, cosicché il Quartetto Cremona ben riesce a rendere quella che è l’anima del quartetto, ben sintetizzata in questa definizione di Luciano Berio: «Dopo quasi 150 anni di vita esso continua a non essere riducibile alla somma dei suoi componenti e si presenta a noi, invece, come uno “strumento” la cui dialettica tra individualità e umanità, fra autonomia e omogeneità, sembra porsi come paradigma di una società ideale».