munchen philarmoniker

Breve ripasso di geografia orchestrale.

A nord della vecchia Europa, i Berliner Philharmoniker; a sud, sopra le Alpi, i Wiener Philharmoniker. Ma in mezzo, al cuore della Baviera, ci stanno i Münchner Philharmoniker. Non ti vengono subito in mente, poi scorri la sfilza di nomi grandi (grandissimi) che si sono succeduti sul loro podio e sbianchi: tutto il parterre direttoriale del Novecento, da Mahler a Rosbaud, fino a Thielemann Maazel e Mehta, passando per il mistico Celibidache e l’americano Jimmy Levine. Dalla prossima stagione, i monacensi hanno designato Gergiev come direttore musicale; nel frattempo al Ravenna Festival, nell’anodino eppure accogliente Palazzo De Andrè, arrivano con un altro russo: Semyon Bychkov, coetaneo del più irruento Valery, stessa sovieticissima scuola direttoriale (quella di Il’ja Musin).

Nei movimenti esterni della Sinfonia n. 3 di Johannes Brahms che apre il programma, Bychkov sfoggia gesto verticale, energico, per poi lasciare la bacchetta nei movimenti centrali: le dita allora si muovono piccole nell’aria e chiamano il vibrato con discrezione, il braccio pennella in orizzontale. Un Brahms mai enfatico, giocato su pieni e vuoti strumentali raffinati. Quando passano fra i legni i temi si fanno screziature, nel Poco Allegretto il pianissimo degli archi che anticipa l’assolo del corno sa essere lancinante. E in alcuni passaggi in minore dell’Andante, si respira un’aria di rarefatta desolazione centroeuropea.
Poi salta sul palco lui: Jean-Yves Thibaudet. Il suo attacco del Concerto in sol di Ravel suona leggero, cangiante, e il biondo geniaccio della tastiera fiorisce en souplesse, senza pestare. Mentre fra le sezioni degli archi si sentono i profumi del jazz, i fagotti fraseggiano come sax, le percussioni si fanno coloratissime. Spedito e senza languori il secondo movimento (mirabile la risposta del corno inglese), sbalordisce la naturalezza con cui cade sempre e comunque insieme all’orchestra. Controllo della tastiera, neanche a dirlo, da virtuoso.

Come di vero virtuosismo strumentale, ma mai compiaciuto, risuona La mer di Debussy. Qui Bychkov si fa più tecnico, riveste la grande stampa debussiana di chiaroscuri continui, i Münchner si fanno gustare nella loro sostanza sonora, timbrica. Il bis è la Farandole dall’Arlésienne di Bizet: vivacissima scarica conclusiva, puro piacere d’ascolto. Quando orchestra, direttore, solista sanno tirare a lucido la forma troppo spesso polverosa del caro vecchio concerto sinfonico.

Programma:

Sinfonia n. 3 in fa maggiore op.90
Johannes Brahms

Concerto in sol maggiore per pianoforte e orchestra
Maurice Ravel

La mer, tre schizzi sinfonici per orchestra
Claude Debussy

Esecutori:

Jean-Yves Thibaudet
pianoforte

Münchner Philharmoniker

Semyon Bychkov
direttore