Sentieri Selvaggi

Se potessimo comparare i concerti a degustazioni di vino, la stagione di Sentieri Selvaggi quest’anno sarebbe una serie di verticali.

Nel caso del primo concerto, quello dedicato a Luca Francesconi, forse potremmo pensare a una verticale di champagne: uno di quelli dal gusto complesso e dal perlage fine ma intenso, fatto artigianalmente con grande amore da un vigneron conosciuto dai veri appassionati. Il titolo dato alla serata è Vertige, brano per orchestra d’archi del compositore che risale al 1985, ma non in programma.

Un approfondimento, più che una celebrazione, che si dipana senza seguire una linea temporale. Fedele anche in questo l’approccio del musicista alla composizione, adogmatico e centrato sulla capacità del singolo o dell’ensemble di produrre suoni strutturati e coordinati nel tempo: cioè nella bellezza del fare musica. L’accentuata tendenza di Francesconi a spingere il pedale nella direzione del virtuosismo va cercata in questo. Non inutile sfoggio di vanità o di difficoltà, ma nel piacere estremo del musicista a sfidare i propri limiti e a divertirsi producendo suono. Dal Viaggiatore Insonne del 1983 a Insieme II (in prima assoluta) non si vede una linea evolutiva alla composizione ma, piuttosto, una consistenza e una costanza nel proporre il suo interesse a esplorare le capacità dell’esecutore, in qualsiasi ambito musicale si possa manifestare. Un pensiero musicale compiuto sin dall’inizio della carriera che si esplicita in molteplici direzioni, sempre mature sin dall’inizio.

La creatività di Francesconi si concentra sull’interprete e sulle sue abilità più che sui linguaggi, mettendolo come sotto un “occhio di bue”, che si tratti di vertiginose acrobazie solitarie di un piano (Mambo, 1987), di una viola (Charlie Chan, 1990) di un clarinetto basso (Tracce, 1986) o nell’ambito iperstrutturato di un vero e proprio concerto per pianoforte (Islands 1991).

La velocità con cui le note si presentano o la tendenza a sfruttare l’intera gamma di colori e di suoni degli strumenti producono sull’ascoltatore una sensazione di comunione con l’esecutore, quasi si fosse partecipi dello sforzo e della sfida.

Sentieri Selvaggi ancora una volta produce non solo musica ma vera cultura dell’ascolto. Eccezionale la performance di Andrea Rebaudengo, giustamente acclamato dal pubblico.