Spira Mirabilis

Sorprese in provincia.

Formigine, trentamila abitanti, a qualche chilometro da Modena. Qui hanno fatto un auditorium nuovissimo e l’hanno chiamato come l’orchestra che più spesso ci suona: Spira Mirabilis. Musicisti giovani, non solo italiani. Quasi tutti lavorano in altre orchestre e si ritrovano in questo paesone emiliano per cercare qualcosa di più: propongono un solo brano a concerto, suonano senza direttore e ogni tanto mescolano strumenti antichi e moderni per scavare nella prassi esecutiva.

Come accade nella loro Haydn Fest, un festivalino arrivato alla terza edizione, dedicato al papà della sinfonia e ai suoi contemporanei. Li ascolto un martedì, secondo giorno della rassegna. Stavolta tocca a Mozart, quello diciottenne della Sinfonia n. 25 KV 183 (non ve la ricordate? ripescate i titoli di testa di Amadeus).

Nelle sincopi iniziali così come ce le suona Spira mirabilis, c’è già tutto il giovane salisburghese scontroso, che per la prima volta sforna una sinfonia per nulla galante, debitrice dello “Sturm und Drang” di Haydn. Gli spiramirabili ondeggiano, non per puro gusto coreografico ma perché respirano insieme, riempiendo la musica di piccoli e grandi palpiti. E sgrana gli occhi Lorenza Borrani, scatenatissima spalla, ora guardando il pubblico ora i colleghi, quasi a suggerire una retorica teatrale che con questa musica calza a pennello. Restano in testa tanti suoni: gli oboi che piangono imperfetti e rischiano i pianissimi, anche al prezzo di qualche attacco inesatto; quegli archetti tirati in morbidezza nel secondo movimento, poco importa se su corde di budello o su corde d’acciaio (e che bello sentire i due materiali fondersi); i corni naturali ovunque precisi, piacevolmente paesani nel Trio; il finale ruvido, sgranato in scioltezza da veri virtuosi, disseminato di tanti diversi accenti.

Pure a fine concerto i musicisti della Spira trovano il tempo di scambiarsi qualche indicazione, perché anche il bis può venire meglio. Quando si cerca davvero, si cerca fino all’ultimo.


Foto credit: Sergio Bassi