erik

Il direttore artistico Gualberto apre il concerto con poche parole, prima di presentare i musicisti e lasciare loro il palco.

La sua introduzione è per ricordare il percorso musicale di Erik Friedlander – impresa quasi impossibile in pochi minuti – ma sopratutto il filo rosso che lega questo straordinario violoncellista con il padre fotografo Lee, che con i suoi viaggi in camper ha portato la famiglia e il giovane Erik nel cuore di quell’America profonda che ha così segnato il suo immaginario. In particolare nel 1971 si trovarono ad assistere al Galax Fiddlers Festival, in Virginia, a campeggiare a fianco di musicisti bluegrass e ascoltare per giorni band improvvisate. Memorie di “steel guitar”, che hanno portato Friedlander a coinvolgere il chitarrista Doug Wamble in questo progetto nato con radici piantate nella tradizione musicale del sud degli Stati Uniti.

Che Erik fosse un musicista estremamente versatile era già evidente, così come era chiaro un certo spirito filologico ad animare il precedente Broken Arm Trio, stesso strepitoso asse ritmico del progetto Bonebridge e Friedlander alla guida, ma sguardo rivolto a una rilettura di Oscar Pettiford e dei suoi esperimenti con il violoncello, dopo che nel 1949 si era infortunato giocando a baseball e non riusciva a prendere in mano il contrabbasso. Qui, invece, l’elemento nuovo e immediatamente riconoscibile è il dialogo, l’interplay tra il pizzicato di Friedlander – che guarda a una tradizione di bassisti di formazione jazzistica e tiene l’archetto da parte per i passaggi più melodici e vicini alle sue precedenti esperienze newyorchesi – e la steel di Wamble. In equilibrio tra tradizione e ricerca, mentre la batteria di Sarin e il basso di Dunn si rivelano un supporto di una precisione ed equilibrio fondamentali.

Il repertorio d’altra parte è corrispondente nella sua quasi totalità a quello scritto e registrato per l’album omonimo uscito nel 2011: non mancano citazioni e riprese dalla tradizione più strettamente jazzistica, spazi lasciati all’improvvisazione e rimandi alle esperienze recenti dei quattro musicisti, incluse le collaborazioni con Zorn, che all’interno di Aperitivo in Concerto ritorna come un riferimento fondamentale.

Se la tradizione africano-americana è il filo conduttore dell’impressionante cartellone di questa rassegna, qui l’improvvisazione radicale è lasciata da parte – in fondo i modelli dichiarati sono The Allman Brothers Band e Johnny Winter – per un lavoro sulle fonti che utilizza americana e country come un punto da cui ripartire ancora una volta, per costruire una dimensione immaginata, riconoscibile e accessibile. Ma con una tensione continua verso la contaminazione e la ricerca.

Esecutori:

Erik Friedlander
violoncello

Doug Wamble
chitarra

Trevor Dunn
contrabbasso e basso elettrico

Michael Sarin
batteria