grubinger

Interessante serata interamente dedicata ad artisti del XX secolo, quella presentata il 2 febbraio alla Scala dall’ Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia diretta da Peter Eötvös.

Il programma si compone di una prima parte dedicata a György Ligeti e Peter Eötvös – con l’accompagnamento del percussionista Martin Grubinger – e una seconda, dedicata alla musica americana, con Charles Ives e George Gershwin. Il programma di sala, curato con competenza da Carlo Boccadoro, ha certamente permesso al pubblico di comprendere la portata musicale delle composizioni.

È significativo che la stagione di quest’anno della Filarmonica sia costellata di opere contemporanee: a partire dalla serata del 12 gennaio, con Ligeti e Varese, a seguire dopo il 2 febbraio con l’appuntamento del 23 con una prima assoluta commissionata proprio dalla Filarmonica a Carlo Galante - e poi più in là sia a maggio che a settembre, ancora con Ives. Una buona occasione per diffondere fra il pubblico musica di autori a noi più vicini.

Ambedue di scuola ungherese, Ligeti e Eötvös hanno sviluppato il loro percorso musicale nel dopoguerra – il secondo, in particolare, è tutt’oggi attivissimo compositore per orchestra e per teatro. Ives e Gershwin, possono essere considerati tra i massimi esponenti della musica americana; autore originale soprattutto di musiche strumentali il primo, di Gershwin si rimpiange la prematura scomparsa (a soli 39 anni): con il suo talento, avrebbe sviluppato ulteriormente le caratteristiche di energia, ritmo, mescolanza di linguaggi propri dei compositori americani.

Andando a fondo nel programma della serata, “Melodien” è una composizione del 1971 che lo stesso Ligeti, in una sua corrispondenza, descrisse come espressione della sua tecnica compositiva nota come micropolifonia, ma caratterizzata da una maggiore trasparenza e fluidità: le singole linee e tracce musicali, invece di fondersi, si sovvrappongono e si intrecciano matenendo la loro individualità. Sono composizioni da ascoltare più volte in quanto, a ogni ascolto, dopo la prima sensazione di caos (o, come scrive Boccadoro, di “labirinti”) subentra la comprensione delle singole tracce muuicali.

“Speaking Drums” di Eötvös, in realtà, è solo da ascoltare e da vedere. Le parole non rendono quanto si ascolta e si vede. La performance del percussionista Martin Grubinder è stata notevole, cosi come le urla e le grida (sì, proprio urla e grida) dei versi di un poeta ungherese. Il tutto nel contesto orchestrale di Eötvös. Una curiosità: Grubinger si è anche cimentato in un bis dalle elevate abilità tecniche che lui stesso ha definito “sport”, piuttosto che musica.

“A New England Symphony”, composta nel primo decennio del 1900 e poi revisionata negli anni successivi, è un insieme di tre composizioni che riproducono i ricordi e il memorial di tre luoghi (un monumento, un sito e un fiume nel New England) il tutto secondo lo stile tipico di Ives che utilizza e cita altri brani musicali originali, canzoni, marce militari e inni, in un’originale invenzione musicale.

“An American in Paris” è brano notissimo: la sua esecuzione, non a caso, è stata accolta dal pubblico con grande entusiasmo.

L’orchestra ospite dell’Accademia di Santa Cecilia ha ben eseguito le composizioni proposte. Solo un appunto, derivato anche dalle aspettative personali: “An American in Paris” mancava forse un po’ di quella energia e brillantezza che gli è propria, quelle sensazione di gioia, stupore e di sorpresa che intende trasmettere: la direzione di scuola ungherese di Eötvös, almeno per chi scrive, non sembra aver messo queste suggestioni abbastanza in risalto.

Programma:

György Ligeti
Melodien

Peter Eötvös
Speaking Drums – Quattro poemi per percussioni e orchestra

Charles Ives
A New England Symphony

George Gershwin

An american in Paris

Esecutori:

Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia

Martin Grubinger
percussioni

Peter Eötvös
direttore