maudit - Copia

Dopo il felice esordio con An Experiment With Time (reloaded) di Daniele Ghisi, prosegue il connubio tra occhio e orecchio nel terzo concerto della stagione Rondò 2016 di Divertimento Ensemble.

Questa volta, però, l’operazione sinestesica non deriva tanto dalle necessità espressive del compositore, quanto dall’idea di fornire un accompagnamento musicale a un film muto che, sebbene mai realmente dimenticato dalla cinematografia, solo negli anni Novanta – a seguito di un restauro – è stato riscoperto in tutto il suo valore.

Maudit soit la guerre, diretto da Alfred Machin alla vigilia della Prima Guerra Mondiale, è forse la prima pellicola pacifista della storia: due amici, Adolphe e Sigismond, si trovano costretti a combattere per i loro rispettivi Paesi. Adolphe è anche il fidanzato di Lidia, sorella di Sigismond. Muoiono entrambi sul campo di battaglia e, un terzo ufficiale andato a porgere le condoglianze, si innamora della ragazza. Ma lei scorge appuntato al suo petto qualcosa di famigliare: una medaglietta che aveva donato al suo innamorato. Capìta la scelleratezza della guerra, non le resta che prendere i voti e dedicare il suo amore a Dio.

La narrazione, suddivisa in sette scene, è scandita dalla musica composta a quattro mani dal cileno Miguel Farías (1983) e dall’armeno Artur Akshelyan (1984). I due si dividono equamente le ambientazioni – quelle “civili” il primo, quelle “militari” il secondo – in un riuscito amalgama musicale, rimanendo comunque ben riconoscibili.

Farías si esprime soprattutto attraverso scale e frasi musicali ad ampio respiro e, rifacendosi al concetto nietzschiano di transvalorizzazione, sceglie di sovvertire i cliché che vorrebbero una musica triste associata a un momento triste: esemplificativo l’inizio dell’ultimo atto, in cui il lutto della famiglia Modzel per la morte di Sigismond è accompagnato da una melodia degli archi che, muovendo per terze, dà alla scena un sapore idilliaco e quasi fuori dal tempo.

Akshelyan, invece, sviluppa il suo discorso su singole note ribattute, quasi a voler simboleg-giare i clamori lontani della guerra; pur senza essere così drastico come il suo collega, anch’egli rifiuta di assecondare del tutto la macchina da presa, preferendo un accompagnamento che sottolinea la tragicità della situazione piuttosto che l’epicità dell’immagine (soluzione più semplice, quest’ultima, dato il dispiegamento di mezzi tecnici e maestranze – velivoli, esplosioni, complesse tecniche di colorazione – ma anche più banale).

Accompagnati dai musicisti dell’ensemble nel fare da trait d’union e nel dare continuità e fluidità ai cambi di scena, entrambi i compositori sembrano approfittare dell’occasione filmica per ragionare sulla sinergia delle percezioni: quanto di quello che sentiamo condiziona ciò che vediamo? E in che misura? Se è vero che in certi momenti la combinazione suono-immagine può apparire destabilizzante, tuttavia non risulta mai completamente fuori luogo: l’impressione è che, con Maudit soit la guerre di Farías e Akshelyan, si voglia offrire, tramite la musica, uno sguardo differente – contemporaneo – a un film girato un secolo fa. Ma ancora tristemente attuale.