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Già dal titolo, “Datemi un martello”, si intuisce come il secondo appuntamento della stagione di Sentieri Selvaggi sia un pretesto per celebrare (in leggero anticipo) i 90 anni di Pierre Boulez, attraverso la più enigmatica e anticipatrice delle sue opere: “Le marteau sans maître”.

Non la più pura, non la più geometrica o cristallina, ma forse la più umana e affascinante. Una suite per voce femminile e sei strumenti che attinge a sonorità (e strumentazioni) etniche – dall’Africa a Bali fino al Giappone – e le mischia a un impianto dodecafonico che rende “il martello” la più alta e forse definitiva celebrazione della Scuola Viennese. Oltre Webern, oltre Schoenberg (cui fa esplicitamente riferimento). Più di Webern, più di Schoenberg. E da loro prende distanza con un sottile gioco in cui il suono puro prevale sulla struttura e il racconto, attraverso la poesia di René Char, si fa ancora più metafisico e surreale. Quaranta minuti di pura illusione sonora che, come nel gioco di un mago, tengono sotto ipnosi e fanno dimenticare il lavoro meticolosissimo di intrecci e scambi arditamente costruiti di cui il trattamento della voce è forse l’esempio più evidente nel suo progressivo liberarsi delle parole e diventare suono puro e immateriale.

Un capolavoro assoluto del ‘900 che capita raramente di sentire – anche per l’estrema difficoltà di esecuzione. Un altro regalo di Sentieri Selvaggi che, sotto la direzione rigorosa di Carlo Boccadoro, ci permette di confrontarci con il grande pensiero musicale della contemporaneità.

Per permetterci di arrivare riscaldati e pronti al “Marteau”, Boccadoro pensa bene, a preludio, di farci accompagnare da tre lavori di due autori contemporanei italiani alle prese con il concetto di mito, antico o contemporaneo. Ivan Fedele, autore famosissimo molto vicino all’IRCAM di Boulez e appassionato di mitologia (basti pensare alla sua opera “Antigone”) ci propone lo straziante brano “Erinni” e la sua dedica a Miles Davis (in memoriam, “High”) nella versione per clarinetto basso.

Giorgio Colombo Taccani ci fa conoscere in prima assoluta una nuova versione de “Le strade di Melpomene”, musa della tragedia ma più anticamente dell’armonia musicale, figlia di Zeus e Mnemosine. Nelle parole dell’autore: “Le strade di Melpomene sembrano facili, senza segreti. Ci si avvia con spavalderia… Precipitati nel buio della sorte, svuotati di ogni compiacimento timbrico, immobilizzati su piccoli gesti senza speranza, sentiamo su di noi lo sguardo tagliente di Melpomene, Musa della Tragedia.”

Foto credit: © Giovanni Daniotti

Programma:

Erinni
High (in memoriam Miles Davis), per clarinetto solo
Ivan Fedele

Le strade di Melpomene
Giorgio Colombo Taccani

Le Marteau sans maître, per voce e 6 strumenti
Pierre Boulez

Esecutori:

Sentieri selvaggi ensemble
Giulia Peri, soprano