Kurtag

Cosa lega György Kurtág, Hugo Wolf e George Crumb?

Per rispondere a una domanda del genere bisognerebbe complicare le cose, ma complicare le cose implica un diverso livello di profondità e, come è ovvio, la profondità rappresenta un falso mito. Cosa mette in relazione tre compositori tanto diversi? La prima cosa che viene in mente è l’ossessione per la voce, la voce non intesa come cuspide finale del processo musicale, ma piuttosto quale strumento fra gli strumenti: la voce come possibilità di declinazione sonora. Allora poco importa se Kurtág attraversa l’intera musica del Novecento come fosse un eterno Játékok, un eterno gioco, o se Wolf nel suo scrivere impavido e avvolgente abbia, sino alla soglie della pazzia, cantato la fine di un’epoca, o ancora se Crumb abbia tentato di fondare non solo un mondo ma da ultimo una musica e un paese, mostrando le contraddizioni e, quasi in maniera speculare, mostrando il volto meraviglioso e deforme del poeta fondatore Walt Whitman. Poco importa perché per tutti e tre è importante non quello che si dice, ma il “fatto che si dica”. Il suono delle parole, del canto, assume un valore superiore al proprio senso, diventando un canto che possa difenderci dalla brutalità che ci circonda.

Programma
György Kurtág
Tre antiche iscrizioni, per voce e pianoforte
Estratti da “Játékok”, per pianoforte

Hugo Wolf
Sei Lieder, per voce femminile

George Crumb
Apparition, canti elegiaci e vocalizzi sui testi tratti da “When Lilacs Last in the Dooryard Bloom’d” di Walt Whitman

Alda Caiello, soprano
Maria Grazia Bellocchio, pianoforte